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Michela Moro
Leggi i suoi articoliIl MoCDA, Museum of Contemporary Digital Art è stato fondato nel 2019 da Serena Tabacchi e da Dominic Perini. «Quando tutti pensavano a fare un marketplace o una galleria, noi abbiamo pensato a un museo, dice Tabacchi. Ci siamo resi conto che non c’era un posto dove si parlasse dell’educazione riguardo alla tecnologia e all’arte digitale. Nessuno rispondeva a domande quali: come viene creata quest’arte? Che ruolo hanno gli artisti? In che modo la tecnologia supporta le varie funzionalità? Come viene protetto il diritto d’autore? Che cosa fa la tecnologia blockchain per mantenere il file digitale nel tempo? Il nostro primo obiettivo è creare una collezione permanente d’arte digitale che testimoni il nostro tempo e che rimanga nel futuro. Una delle nostre principali attività è la partnership, ossia progetti in collaborazione con piattaforme che vendono arte digitale cui offriamo servizi curatoriali, supporto e consulenze ad artisti, ed edizioni limitate».
Come vi orientate nella scelta degli artisti?
Ci occupiamo di arte contemporanea digitale in generale, quindi gli artisti vengono selezionati per il loro talento, il tipo di ricerca e quanto è rappresentativa del momento storico; il successo economico è considerato in maniera marginale.
Costa molto creare arte digitale?
È costoso perché ci vogliono anni di studio per saper utilizzare la tecnologia ad alto livello e avere una grande expertise tecnica. E poi s’impiega anche solo mezza giornata per creare un lavoro, con il proprio computer al solo costo dell’elettricità e del minting del blockchain; direi una stima di 100 dollari. Anni fa il minting era a costi irrisori, circa 20 centesimi, mentre stamattina il rilascio di uno smart contract costava mille dollari. Siamo partiti da un mercato estremamente accessibile per arrivare a qualcosa di elitario. Una parte di questo movimento diventerà sempre più elitaria. Ci sono artisti che hanno già quotazioni stabilmente alte, altri sono più accessibili; inoltre molte piattaforme danno la possibilità a tutti di creare Nft. Vedremo che cosa accadrà con Ethereum 2.0, la versione aggiornata del blockchain per eccellenza; si propone di avere costi più accessibili ed essere anche a impatto ambientale più basso. Il problema oggi di questa tecnologia è, infatti, il costo alto e l’impatto sull’ambiente, perchè è molto inquinante.
I non addetti ai lavori trovano l’estetica Nft a volte, diciamo, elementare...
L’estetica dell’arte digitale rientra nel crossover tra arte e gaming. È cultura popolare, rientra nei paradigmi presenti nel digitale e nei social media. Le regole del movimento sono state create dagli utenti stessi, di arte bella ce n’è ma non fa i record. Questi sono asset digitali che sono diventati un fenomeno pop, lontano dall’artista in studio.
E il bitcoin diventa soggetto di opere...
Questo piace a certi collezionisti. Si è creata una categoria di collezionisti che vengono chiamati Whales (balene): amano opere d’arte che ritraggono in maniera iconica il simbolo del bitcoin perché rappresenta uno svincolarsi da sistemi fiscali centralizzati. La maggior parte di essi è anonima, principalmente asiatica e americana.
Quali artisti esponete?
Artisti internazionali con un occhio agli italiani. Ci sono artisti meno noti ma estremamente validi come Ha:ar, un duo turco, altri che saranno presenti alla mostra che faremo al GAD - Giudecca Art District di Venezia, Gordon Berger e Frenetic Void. Mentre i più noti sono presenti nella mostra «Abstract Art in the Age of New Media» nel MoCDA. Nel museo verrà creato il DAO - Decentralized Autonomous Organization, che prevede una partecipazione attiva da parte degli utenti, un sistema di votazione. Il MoCDA vuole creare un museo partecipativo in cui il metodo curatoriale più standard si sposa con una certa selezione ed educazione lasciando però anche libera espressione agli utenti sulla valutazione dell’arte.

Ha:ar, «Impossible Sculptures No.9» 2019

Serena Tabacchi
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